Infanzia Don Milani/Don Lorenzo Milani
Don Lorenzo Milani (1923-1967), sacerdote ed educatore, è stato il fondatore e l'animatore della famosa scuola di Sant'Andrea di Barbiana, il primo tentativo di scuola a tempo pieno espressamente rivolto alle classi popolari. A lungo frainteso e ostacolato dalle autorità scolastiche e anche da una parte di quelle religiose, don Milani è stato una delle personalità più significative del dibattito culturale del dopoguerra e la sua vita rappresenta ancora oggi una grande testimonianza di fedeltà nelle sua scelta di essere dalla parte degli ultimi.
Don Lorenzo Milani - I ragazzi di paese
(da Lettera ad una professoressa)
Dopo
l'istituzione della scuola media a Vicchio arrivarono a Barbiana
anche i ragazzi di paese. Tutti bocciati
naturalmente.
Apparentemente il problema della timidezza per
loro non esisteva. Ma erano contorti in altre cose.
Per
esempio consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuola un
sacrificio. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va per
imparare e che andarci è un privilegio.
Il
maestro per loro era dall'altra parte della barricata e conveniva
ingannarlo.
Cercavano perfino di copiare. Gli ci volle del
tempo per capire che non c'era registro.
Anche sul sesso gli
stessi sotterfugi. Credevano che bisognasse parlarne di nascosto. Se
vedevano un galletto su una gallina si davano le gomitate come
se avessero visto un adulterio.
Comunque
sul principio era l'unica materia scolastica che li
svegliasse.
Avevamo un libro di anatomia. Si chiudevano a
guardarlo in un cantuccio.
Due pagine erano tutte
consumate.
Più
tardi scoprirono che son belline anche le altre. Poi si accorsero che
è bella anche la storia.
Qualcuno non s'è più
fermato. Ora gli interessa tutto. Fa scuola ai più piccini, è
diventato come noi.
Qualcuno invece siete riusciti a
ghiacciarlo un'altra volta.
Delle bambine di paese non ne venne neanche una. Forse era la difficoltà della strada. Forse la mentalità dei genitori.
Credono
che una donna possa vivere anche con un cervello di gallina. I maschi
non le chiedono di essere intelligente.
E' razzismo anche
questo. Ma su questo punto non abbiamo nulla da rimproverarvi. Le
bambine le stimate più voi che i loro genitori.
Sandro aveva 15 anni. Alto un metro e settanta, umiliato, adulto. I professori l'avevano giudicato un cretino.
Volevano che ripetesse la prima per la terza volta.
Gianni aveva 14 anni. Svagato, allergico di natura. I professori l'avevano sentenziato un delinquente. E non avevano tutti i torti, ma non è un motivo per levarselo di torno.
Né l'uno né l'altro avevano intenzione di ripetere. Erano ridotti a desiderare l'officina. Sono venuti da noi solo perché noi ignoriamo le vostre bocciature e mettiamo ogni ragazzo nella classe giusta per la sua età.
Si mise Sandro in terza e Gianni in seconda. E' stata la prima soddisfazione scolastica della loro povera vita.
Sandro se ne ricorderà per sempre.
Gianni se ne ricorda un giorno sì e uno no.
La seconda soddisfazione fu di cambiare finalmente programma.
Voi li volevate tenere fermi alla ricerca della perfezione. Una perfezione che è assurda perché il ragazzo sente le stesse cose fino alla noia e intanto cresce. Le cose restano le stesse, ma cambia lui. Gli diventano puerili tra le mani.
Per
esempio in prima gli avreste detto riletto per la seconda o terza
volta la Piccola Fiammiferaia e la neve che fiocca fiocca
fiocca. Invece in seconda ed in terza leggete roba scriba per
adulti.
Gianni non sapeva mettere l'acca al verbo avere. Ma
del mondo dei grandi sapeva tante cose. Del lavoro, delle
famiglie, della vita del paese.
Qualche
sera andava col babbo alla sezione comunista o alle sedute del
Consiglio Comunale.
Voi coi greci e coi romani gli avete
fatto odiare tutta la storia. Noi sull'ultima guerra si teneva
quattro ore senza respirare.
A geografia gli avreste fatto l'Italia per la seconda volta. Avrebbe lasciato la scuola senza aver sentito rammentare tutto il resto del mondo.
Gli
avreste fatto un danno grave. Anche solo per leggere il
giornale.
Sandro in poco tempo s'appasionò a tutto.
la mattina seguiva il programma di terza. Intanto prendeva nota delle
cose che non sapeva e la sera frugava nei libri di seconda e di
prima. A giugno il “cretino”; si presentò alla
licenza e vi toccò passarlo.
Gianni
fu più difficile. Dalla vostra scuola era uscito analfabeta e
con l'odio per i libri.
Noi per lui si fecero acrobazie. Si
riuscì a fargli amare non dico tutto, ma almeno qualche
materia. Ci occorreva solo che lo riempiste di lodi e lo
passaste in terza. Ci avremmo pensato noi a fargli amare anche il
resto.
Ma
agli esami una professoressa gli disse:- perché vai a scuola
privata? Lo vedi che non ti sai esprimere?
Lo so anch'io che il
Gianni non si sa esprimere.
Battiamoci
il petto tutti quanti. Ma prima voi che l'avete buttato fuori di
scuola l'anno prima.
Bella cura la vostra.
Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle all'infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro. O per bocciarlo.
Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi.
Appartiene alla ditta.
Invece la lingua che parla e scrive Gianni è quella del suo babbo. Quando Gianni era piccino chiamava la radio lalla. E il babbo serio:- Non si dice lalla, si dice aradio.
Ora, se è possibile, è bene che Gianni impari a dire anche radio. La vostra lingua potrebbe fargli comodo. Ma intanto non potete cacciarlo dalla scuola.
“Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua”; l'ha detto la Costituzione pensando a lui.
(da Lorenzo Milani, Lettera ad una professoressa,
LIBRERIA ed. fiorentine, Firenze, pp 16-19)